< Neemia 5

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[1] Ad un certo punto, cominciarono a moltiplicarsi tra gli Israeliti le lamentele di molti lavoratori e delle loro mogli.
[2] Alcuni dicevano: "Le nostre famiglie sono molto numerose: dobbiamo procurarci il frumento necessario per vivere".
[3] Altri dicevano: "Per avere un po' di frumento in questa carestia abbiamo dovuto ipotecare case, campi e vigne".
[4] Altri ancora dicevano: "Per pagare le tasse abbiamo dovuto prendere denaro a prestito e impegnare i nostri campi e le nostre vigne".
[5] Tutti dicevano: "Ci dovrebbe essere uguaglianza tra noi: i nostri figli valgono quanto i figli degli altri. Invece noi abbiamo dovuto consegnarli come schiavi: alcune delle nostre figlie sono già state date in schiavitù. Non possiamo fare diversamente perché campi e vigne sono già in mano ai nostri creditori".
[6] Quando udii queste gravi lamentele, mi ribellai a una tale situazione
[7] e decisi di intervenire. Rimproverai le autorità e i capi: "Voi imponete ai vostri fratelli pesi eccessivi!". Poi convocai contro di loro un' assemblea generale
[8] e feci questa denunzia: "Prima, tutti noi abbiamo cercato con ogni mezzo disponibile di pagare il riscatto per i nostri fratelli che erano caduti in schiavitù di stranieri. Adesso, voi costringete i vostri fratelli a vendersi come schiavi ai loro connazionali". Essi rimasero senza parole.
[9] Allora continuai: - Quello che fate è intollerabile. Voi non avete timor di Dio: così gli stranieri nostri nemici avranno buoni motivi per non avere rispetto di noi.
[10] Anch' io e i miei collaboratori abbiamo prestato denaro e frumento. Ebbene, è nostro dovere rinunziare a questi crediti.
[11] Oggi stesso restituite campi, vigne, uliveti e case ai vecchi proprietari e rinunziate agli interessi sui prestiti di denaro, grano, vino e olio.
[12] Essi accettarono la mia proposta e dichiararono: - Restituiremo i beni ai loro proprietari e cancelleremo i debiti. Allora chiamai i sacerdoti e feci giurare ai creditori di mantenere la promessa.
[13] Poi feci un gesto: svuotai la tasca del mantello e dissi: - Dio scacci allo stesso modo dalla propria casa chi non manterrà questa promessa. Le lasci solo e senza niente. Tutta l' assemblea approvò gridando: - Amen! - e lodò il Signore. Poi si comportò secondo l' impegno preso.
[14] Ero stato nominato governatore della Giudea nel ventesimo anno del regno di Artaserse e rimasi in carica fino al trentaduesimo. In tutti questi dodici anni io e i miei collaboratori rinunziammo al compenso che ci spettava.
[15] Invece i governatori precedenti e i loro collaboratori avevano preteso vitto, vino e uno stipendio di quaranta monete d' argento a spese del popolo. Io mi comportai diversamente per onestà di fronte a Dio.
[16] Mi dedicai totalmente alla ricostruzione delle mura e non approfittai della mia posizione per acquistare terreni. Anche i miei collaboratori si impegnarono tutti nei lavori.
[17] Anzi, mantenni alla mia tavola, tra capi e gente comune, centocinquanta persone, oltre a quelli che venivano da noi come ospiti dai vicini territori stranieri.
[18] Ogni giorno facevo cucinare a mie spese un bue, sette agnelli di qualità e molti polli. Ogni dieci giorni mi rifornivo di vino in quantità. Tuttavia non pretesi mai la paga di governatore: la gente era già gravata di troppi pesi.
[19] "O mio Dio, tieni conto per il mio bene di quello che ho fatto per questo popolo".